Ciclista uccisa da una betoniera in centro: la tragedia si poteva evitare?
Marco Mazzei, presidente della commissione mobilità ha presentato un documento per chiedere l'aggiunta dei sensori ai mezzi pesanti
Ieri mattina la 39enne Cristina Scozia è morta sul colpo dopo essere stata investita da una betoniera.
Ciclista uccisa da una betoniera in centro
MILANO - Cristina era personal trainer e massaggiatrice olistica, dottoressa magistrale in scienza dello sport, aveva una bimba di sei anni e un compagno. Vivevano in zona Crescenzago. Ieri stava percorrendo corso di Porta Vittoria è stata urtata da una betoniera. Lo scontro è stato violento, la donna è morta sul colpo, e i soccorritori all'arrivo non hanno potuto fare altro che constatare il decesso.
Non sono ancora chiare le dinamiche dell'incidente, la polizia sta indagando. Ad ogni modo non è la prima volta che capitano incidenti simili, i ciclisti non sono del tutto protetti in città.
La proposta: “camion solo di notte o solo con i sensori”
Le associazioni protestano: ieri c’è stato un sit in poche ore dopo l’incidente mortale, nel luogo della tragedia, davanti alla biblioteca Sormani. Il sindaco Giuseppe Sala ieri ha rilasciato una dichiarazione:
“Dobbiamo interrogarci su che cosa possiamo fare come istituzioni, imprese e cittadini per impedire che questi drammatici eventi si ripetano”.
Chi da anni è impegnato sul fronte dei diritti di chi va in bicicletta è Marco Mazzei, presidente della commissione mobilità di palazzo Marino, che nelle scorse settimane ha depositato un documento in consiglio comunale per chiedere che tutti i mezzi pesanti presenti a Milano siano dotati di sensori in grado di rilevare la presenza di persone negli angoli ciechi. Il testo dovrebbe essere discusso nelle prossime riunioni del parlamentino milanese.
Il commento a caldo di Mazzei sulla vicenda
Mazzei ricorda che anche lui percorre spesso quel tratto di ciclabile:
“Lo stesso percorso del conducente di una betoniera che, chissà, arrivava da uno dei cantieri di M4 o forse proprio dal grande cantiere dell’ospedale, e che a quell’incrocio poco fa ha investito e ucciso una ragazza di 39 anni che era in bicicletta. Lei come me e mille altre persone. Altre famiglie e comunità, anche quelle del conducente del camion, distrutte.
E appunto è una svolta che farò sabato e che avrò fatto mille e mille volte da quando vado in bici: siamo nel cuore della città a pochi passi da luoghi (la biblioteca, l’ospedale, l’università) dove si incrociano milioni di vite. Negli occhi sconvolti di chi era lì questa mattina e nelle chat su Whatsapp di queste ore c’è un senso di smarrimento che è difficile da raccontare. Io stesso, non lo so, mi chiedo che senso abbia stare qui a lavorare per la bici a Milano, se in bici a Milano si continua a morire. E guardo l’ordine del giorno che avevo scritto subito dopo la morte di Veronica, penso che appena scritto, appena ricordati i nomi delle persone, un minuto dopo doveva essere riscritto perché altre persone e altre comunità erano state travolte da un incidente. E ogni volta che succede è come se succedesse di nuovo per tutte e tutti, ogni volta è un dolore che si somma agli altri dolori.
Il senso di stare qui penso sia cercare di dare una risposta a quei dolori, testimoniare che la città non è distratta e lontana come forse a volte sembra, trovare da qualche parte la forza che serve per andare avanti. Il senso di stare qui penso sia prendere quell’ordine del giorno, farlo arrivare in aula, discuterlo, trasformarlo in un atto di indirizzo che poi
cambia per davvero le cose. Il dramma è che le cambierà comunque troppo tardi per Silvia, Veronica, Angela e tutte le altre e gli altri, troppo tardi per la ragazza morta oggi, che non ha ancora un nome con il quale ricordarla. Troppo tardi è un’idea insopportabile, però forse il senso di stare qui è provarci nonostante sia appunto insopportabile”.
Bisogno di fatti, non parole
Per il presidente della commissione mobilità di Palazzo Marino si dovrebbe rendere obbligatorio agli autisti l’uso di un kit per eliminare l’angolo cieco. Si tratta di una strumentazione dal costo contenuto, appena un centinaio di euro. A Londra dal 2021 – ricorda Mazzei – esistono norme per consentire l’accesso in città
solo ai mezzi pesanti che aderiscano a una serie di standard di sicurezza, tra i quali proprio la soluzione dell’angolo cieco.
Dopo i fatti tragici di cronaca ora la parola e le iniziative spettano alle istituzioni, ai politici, che dovrebbero offrire qualche soluzione.