AI Mode arriva davvero in UE: come ottenere citazioni (e traffico) dentro le risposte di Google

AI Mode arriva davvero in UE: come ottenere citazioni (e traffico) dentro le risposte di Google

Google ha ufficialmente esteso la disponibilità di AI Mode, con la sua esperienza di ricerca alimentata dall’intelligenza artificiale, a 36 nuove lingue, tra cui anche l’italiano.

L’Europa si trova ora dentro questo esperimento globale che ridefinisce il modo stesso in cui interroghiamo la rete.

Si tratta di un cambiamento sostanziale, in quanto con AI Mode, Google introduce la sua ricerca più potente, basata sui modelli Gemini, capace di comprendere domande complesse, rispondere in modo articolato e citare contenuti dal web come supporto alle risposte generate.

La modalità è già visibile nella pagina dei risultati di ricerca come una scheda accanto a “Tutto”, “Immagini” e “Notizie”.

Su mobile è persino più in evidenza, posizionata in alto a sinistra, dove la maggior parte degli utenti è abituata a cliccare per prima. L’obiettivo dell’AI Mode è rendere l’interazione con l’intelligenza artificiale parte integrante della ricerca degli utenti.

Un nuovo linguaggio della ricerca

La differenza tra la ricerca tradizionale e AI Mode non è indifferente; infatti, se fino ad oggi Google ci ha restituito elenchi di link ordinati per pertinenza, lasciando all’utente il compito di esplorare, selezionare e interpretare.

Ora l’approccio è inverso: l’IA compie decine, talvolta centinaia di micro-ricerche in parallelo, aggrega i risultati e li sintetizza in una risposta strutturata, spesso arricchita da tabelle, punti elenco e citazioni da siti web.

“AI Mode rappresenta la svolta più profonda nella storia della ricerca,” osserva Isan Hydi, CEO di Wolf Agency. “Per la prima volta Google smette di essere un indice e diventa un interprete. Non ci mostra solo dove trovare le informazioni, ma le rielabora per noi, creando un filtro intelligente tra contenuti e persone. Per chi lavora nella SEO, il punto non è più farsi trovare, ma farsi citare come fonte autorevole dentro la conversazione dell’intelligenza artificiale.”

Dietro le quinte agisce una tecnologia denominata query fan-out: la domanda dell’utente viene scomposta in sotto-argomenti, ognuno dei quali attiva una serie di ricerche simultanee. L’IA raccoglie, compara e fonde i risultati, producendo una risposta coerente che rispecchia il ragionamento di un ricercatore umano. È una rivoluzione silenziosa ma di portata enorme, perché sposta il baricentro della ricerca dal gesto di “cliccare” al gesto di “chiedere”.

Le persone, infatti, formulano domande più lunghe e complesse. Google ha registrato un aumento medio del 200% nella lunghezza delle query in AI Mode: invece di “miglior caffè in capsule”, oggi si chiede “crea una tabella che confronti le capsule di caffè dei vari marchi compatibili con la mia”. E così l’IA risponde con dati e confronti, citando le fonti di riferimento e illustrando una serie di articoli, negozi, valutazioni sui prodotti.

Una ricerca multimodale con testo, voce e immagini

Un aspetto distintivo di AI Mode è la sua capacità multimodale, infatti, l’utente può digitare, parlare o mostrare ciò che cerca. Basta toccare il microfono o caricare un’immagine per ricevere risposte integrate da più canali percettivi.

Se si fotografa una pianta e si chiede “come si cura?”, l’IA combina l’analisi visiva con la ricerca testuale, fornendo una risposta diretta e, dove possibile, link di approfondimento.

L’obiettivo di Google è quello di dare all’utente un motore che “capisce” il linguaggio umano in tutte le sue forme, adattandosi al modo in cui le persone realmente comunicano.

Per chi lavora nella SEO, significa che il concetto di “ricerca per parole chiave” diventa sempre più fluido: l’intenzione dell’utente è al centro, e i contenuti devono dialogare con quella intenzione in modo autentico e profondo.

Dal ranking alla citazione: il nuovo valore del contenuto

Con AI Mode, i link non spariscono ma cambiano ruolo, nelle risposte AI, le fonti citate appaiono come riferimenti laterali o in fondo alla risposta. Il link diventa una prova di supporto, non più il protagonista della SERP.

Come spiega Brian Gjermeni SEO Expert di Wolf Agency:

“Il valore di una pagina oggi non si misura più in percentuale di clic, ma in probabilità di citazione. Google AI Mode seleziona le fonti che rispondono in modo più chiaro, aggiornato e coerente all’intento di ricerca. Questo significa che anche un sito fuori dalla top 10 può guadagnare visibilità, purché dimostri autorevolezza e precisione. Il nuovo ranking è conversazionale: l’IA cita ciò che reputa attendibile, non ciò che è semplicemente posizionato meglio.”

Questa transizione ha effetti misurabili, infatti secondo uno studio di Semrush su 69 milioni di sessioni, oltre il 90% delle ricerche effettuate in AI Mode non genera clic verso siti esterni. In media, solo tra il 6 e l’8% degli utenti lascia la risposta AI per visitare un sito web.

Per gli editori e i brand, questo significa una perdita potenziale di traffico, ma anche una nuova opportunità di visibilità: quella della citazione autorevole.

Un contenuto citato da Google AI viene esposto a milioni di utenti, anche se non sempre genera un clic. È un tipo di autorevolezza diversa, più simile a quella accademica che a quella commerciale: si viene “riconosciuti” come fonte, più che visitati come destinazione.

Come farsi citare da Google AI

Per entrare nelle risposte AI, non basta più ottimizzare per una keyword. Serve costruire una credibilità semantica. Google sta imparando a riconoscere il “tipo di fonte” più adatta per ogni intento di ricerca.

Si possono identificare comunque alcuni schemi costanti, ad esempio per le ricerche generiche di acquisto, cita spesso Amazon. Mentre per acquisti specifici menziona molto spesso i siti ufficiali dei brand.

Per i confronti e le guide invece inizia a selezionare portali editoriali e nei siti di recensioni. Infine, per opinioni e tendenze integra non solo le risposte dei blog, ma anche quelle derivanti da forum, come ad esempio Reddit e da magazine di settore.

Capire dove si colloca il proprio sito in questo ecosistema è necessario, in quanto un brand deve essere l’autorità assoluta sul proprio prodotto, un e-commerce deve competere con i marketplace sulla completezza dell’offerta, un editore deve presidiare l’ambito comparativo e informativo.

Per essere scelti dall’IA come fonte citabile, i contenuti devono possedere tre caratteristiche chiave:

  • Accuratezza e chiarezza semantica: il testo deve rispondere in modo diretto e documentato alle domande implicite dell’utente.
  • Autorità tematica: il dominio deve costruire una reputazione coerente attorno a un ambito specifico, rafforzando la propria topical authority.
  • Struttura leggibile per l’IA: titoli gerarchici chiari, dati esplicitati, tabelle, elenchi, riferimenti interni coerenti.

La logica è quella dell’interoperabilità semantica: scrivere in modo che un lettore umano capisca, ma anche che un modello linguistico possa estrarre e collegare concetti con precisione.

Implicazioni per il traffico e il business editoriale

Il nuovo modello di ricerca comporta un ridisegno del traffico web, secondo Similarweb, tra maggio 2024 e febbraio 2025 i principali media statunitensi hanno perso in media il 15% del traffico da Google. Axios e Wall Street Journal hanno riportato che in alcuni settori, come salute e tecnologia, la perdita supera il 40%.

Google, da parte sua, nega che il traffico complessivo verso il web sia diminuito. Afferma che AI Mode genera nuove query, ampliando la domanda di informazioni. Ma il problema non è solo quantitativo: è distributivo. Chi riceve quel traffico? In quale formato?

Molti esperti ritengono che stiamo assistendo a una redistribuzione del valore, in cui le piattaforme diventano sempre più autosufficienti e i siti web progressivamente subordinati. Le citazioni sostituiscono i clic, e con esse cambia il modo in cui i contenuti vengono monetizzati.

Secondo Gartner, entro il 2028 il 50% del traffico organico tradizionale potrebbe migrare verso esperienze di ricerca AI.

SEO nel tempo dell’AI Mode

Ottimizzare per AI Mode significa abbandonare la visione lineare della keyword per abbracciare una strategia basata su entità, contesto e valore informativo. Non basta più “posizionarsi”, bisogna meritare di essere citati.

Questo implica un lavoro di raffinamento editoriale e tecnico:

  • consolidare la propria E-E-A-T;
  • collegare i contenuti con link interni coerenti, per rafforzare l’architettura semantica del sito;
  • curare markup e metadati per rendere i contenuti interpretabili dai modelli AI;
  • pubblicare analisi, dati originali, confronti verificabili.

La differenza tra un contenuto “preso in considerazione” e uno “citato” dall’IA sta nella qualità delle informazioni e nella loro presentazione. Google non premia la sintesi, ma la precisione e l’utilità percepita.

Ora bisogna inizialmente adattarsi alla perdita fisiologica di clic e sfruttare il potenziale reputazionale delle citazioni AI.

Le risposte generate dall’intelligenza artificiale diventeranno presto la prima impressione che milioni di utenti avranno di un brand o di una testata.

AI Mode porta con sé un cambio nel rapporto tra informazione e ricerca. Per questo motivo

le aziende, i brand e gli editori devono essere in grado di costruire contenuti realmente utili, coerenti e autorevoli continueranno a esistere dentro l’ecosistema della ricerca, anche se in forme diverse.