Pandemia, riforma sanitaria e liste d’attesa: le sfide di Letizia Moratti
La vicepresidente di Regione Lombardia e assessore al Welfare fa un bilancio dei primi 18 mesi di incarico e conferma la sua disponibilità a candidarsi alle prossime elezioni regionali.
Una possibile candidatura al Pirellone, la nuova fase della campagna vaccinale, lo sviluppo di una medicina più legata al territorio sono i temi al centro del dialogo tra Letizia Moratti - in visita alla sede del nostro gruppo editoriale Netweek giovedì 8 settembre - e i direttori Isabella Preda e Sergio Nicastro.
Pandemia, riforma sanitaria e liste d’attesa: le sfide di Letizia Moratti
Sono passati diciotto mesi da quando Letizia Moratti ricevette l’incarico di vicepresidente e assessore al Welfare di Regione Lombardia. Cambiamenti importanti sono stati fatti per dare maggiore impulso alla campagna vaccinale, mentre una nuova riforma sanitaria è in attuazione con importanti modifiche volte a favorire uno sviluppo più forte della medicina territoriale.
"Ci sono persone di grandissima qualità anche nel campo avversario, Letizia Moratti sarebbe un’ottima candidata a fare la presidente di Regione". L’endorsement di Carlo Calenda risale al 10 giugno e ha provocato non pochi scossoni nel centrodestra. Anche se poi Lega, Fi e FdI hanno riconfermato la fiducia a Attilio Fontana, lei è ancora disponibile a fare il candidato presidente di Regione Lombardia per il centrodestra?
"In tutte le mie esperienze politiche ho sempre vissuto il mio ruolo come quello di un civil cervant. Sin da quando fui nominata presidente Rai - passando per l’esperienza da ministro e successivamente da sindaco di Milano, arrivando ad oggi come assessore regionale - ho sempre affrontato le mie posizioni da tecnico a disposizione dei cittadini. Al di là dei colori o delle appartenenze. Questo si deve fare. La collaborazione istituzionale è la mia bussola. Un approccio che ha permesso di lavorare con tutto il fronte legato al centrodestra, ma che mi ha pure dato la possibilità di instaurare fruttuosi rapporti con gli altri schieramenti. Confermo quindi di aver dato la mia disponibilità a candidarmi alla presidenza della Regione, dato l’amore che nutro per quest’ultima, con la speranza che si possa riaffermare come locomotiva del Paese".
Lei è stata chiamata dal centrodestra a dare una mano in Regione Lombardia in un momento di grande difficoltà. Come sono stati questi primi diciotto mesi?
"Quando fui chiamata agli inizi del 2021, devo ammettere che le premesse non erano rosee. L’amore per la mia regione mi ha spinto ad accettare. I primi mesi sono stati molto duri e anche dolorosi. La vera svolta è stata data con il passaggio alla piattaforma digitale di Poste Italiane, un passo che doveva essere fatto e credo che abbia dato fiducia, speranza e voglia di riscatto ai cittadini lombardi, che mi sento di ringraziare per il loro senso civico e generosità. Ovviamente, un tributo deve essere fatto a medici, infermieri, tecnici amministrativi e volontari, che mi piace definirli “esercito del bene”. Senza di loro nulla di quello che è stato fatto sarebbe stato possibile. Quando accettai l’incarico mi posi tre obiettivi: piano vaccinale, riforma territoriale e diminuzione delle liste d’attesa. Attuato il primo, abbiamo approvato la legge sul potenziamento della sanità territoriale, la quale mancava di forte capillarità e organizzazione. Per colmare questi due divari, abbiamo deciso di agire su due fronti, ovvero certezza dei tempi e delle risorse. Grazie al Pnrr, sul territorio verranno investiti 1,2 miliardi di euro e altri 400 milioni messi a disposizione dalla Regione, fondi che verranno spesi con un cronoprogramma preciso: 40% quest’anno, 30% l’anno prossimo e 30% nel 2024. Per quanto concerne le liste d’attesa, abbiamo creato una mappatura del territorio che prende in considerazione ogni struttura, patologia e giorni di sforamento rispetto ai tempi target. Oggi possediamo un quadro generale per capire dove servono azioni più incisive. Inoltre, abbiamo dato vita ad un sistema, ancora sperimentale, di follow up per i pazienti in cura per malattie oncologiche, il quale ci permette di fornire già nella lettera di dimissioni le future visite di controllo. Ritengo fondamentale la garanzia di una saluta pubblica efficiente".
Sul fronte sanitario ha ereditato una situazione complessa, quella di una pandemia. Quali gli ostacoli superati e quali invece le sfide che ci attendono?
"Le sfide pandemiche non possono essere sottovalutate ed è per questo che cerchiamo di essere sempre vigili per eventuali crisi sanitarie future. Alcune nuove problematiche sono emerse negli ultimi mesi, si pensi ad esempio al vaiolo delle scimmie, meritevoli di attenzione e approfondimenti. Per questi motivi ho spinto in modo deciso per una creazione, qui in Lombardia, di un’agenzia per la prevenzione e il controllo delle malattie infettive. Da un lato, quindi, ci troviamo a confronto coi problemi di tutti i giorni, ma dall’altro è necessaria una visione di lungo periodo e l’ente ora in funzione, unico in Italia e partecipato anche dal Governo, ha proprio questo obiettivo".
Le varianti stanno interrogando nuovamente il mondo scientifico che preme affinché venga somministrata la quarta dose di vaccino alle persone anziane. Quando si apriranno le nuove finestre e quale potrebbe essere l’adesione?
"Aifa consiglia la quarta dose indipendentemente che sia il vaccino attuale o quello che coprirà anche da Omicron. L’invito, quindi, è proseguire con la campagna vaccinale visto che la pandemia non ha allentato la morsa nei mesi estivi. Probabilmente l’estate ha fatto sì che il problema fosse meno sentito, ma ci auguriamo una forte adesione negli ultimi mesi del 2022".
La riforma del sistema sanitario si sta concretizzando con l’istituzione delle case di comunità. Quante di queste hanno già visto la luce e quante potrebbero vederla?
"Case e ospedali di comunità sono i punti più significativi della riorganizzazione sanitaria territoriale. In questo momento abbiamo attivato 22 case di comunità e 75 saranno pronte entro fine anno, mentre sul fronte ospedali siamo a quota 8 già al lavoro e 10 in attivazione. Devono essere strutture che orientano i servizi e l’offerta sanitaria in modo coerente coi bisogni, fungendo così da collegamento tra ospedali veri e propri e cittadini. In particolare, gli ospedali di comunità saranno fondamentali per coloro che saranno dimessi dalle strutture ma che avranno comunque bisogno di cure e di check-up continui".
Come procede la costituzione della task force finalizzata a ridurre tempi e liste d’attesa?
"La task force è al lavoro ed è guidato dal dottor Francesco Bortolan, il quale effettua periodicamente visite nelle strutture più in ritardo coi tempi standard. È fondamentale creare collaborazione e dialogo ed è questo l’obiettivo della task force: aiutare a capire come migliorare e affrontare le criticità che creano tempi d’attesa insostenibili".
Un tema molto delicato riguarda la carenza dei camici bianchi. Accanto a misure tampone, come quella di alzare la soglia di pazienti in carico ad ogni nuova figura che si approccia alla professione, come pensate di agire per prevenire i vuoti assistenziali che stanno colpendo piccole ma anche grandi comunità lombarde?
"Il tema dei medici di medicina generale è materia che riguarda gli accordi collettivi fatti a livello nazionale. Personalmente mi ero fatta promotrice di un percorso col ministro Roberto Speranza, eravamo molti vicini ad un accordo che avrebbe previsto un certo numero di ore aggiuntive dei medici di medicina generale, mantenendo comunque lo status di libero professionista a disposizione della Regione, per indirizzare le forze nei territori in maggior difficoltà. Purtroppo, la caduta del governo Draghi ha impedito la conclusione di un provvedimento che lo stesso presidente del Consiglio ha citato nel suo ultimo discorso al Senato. Siamo rimasti in stand-by in attesa di un nuovo Esecutivo".