intervista

Banca Popolare di Sondrio: Marco Vitale riflette sul futuro

"Non dobbiamo dimenticare che fare banca significa esercitare il credito in modo utile allo sviluppo dell’economia e delle imprese"

Banca Popolare di Sondrio: Marco Vitale riflette sul futuro
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Non si è semplicemente limitato a contrastare la trasformazione delle banche popolari in Spa. Marco Vitale, 87 anni, bresciano d’origine ma milanese d’adozione, noto e apprezzato economista d’impresa, dopo aver a lungo contestato la riforma voluta dal Governo Renzi, è sceso in campo dando vita al Comitato per l’Autonomia e l’Indipendenza dell’istituto valtellinese. E ora, alla vigilia dell’Assemblea del 30 aprile 2022, durante la quale verrà approvato l’ultimo bilancio dell’istituto valtellinese come popolare e verrà nominato un nuovo consiglio, prende una posizione forte a favore della Banca Popolare di Sondrio guidata dal Consigliere delegato e Dg Mario Alberto Pedranzini e dal presidente Francesco Venosta.

Qual è il significato e le conseguenze di questo passaggio di Banca Popolare di Sondrio?

“Con l’Assemblea che ha deliberato la trasformazione in SpA si è conclusa una lunga e gloriosa storia bancaria come imposizione di una legge sciagurata. Inizia ora una nuova storia densa di incognite. Ma la conseguenza principale e generale è una ed una sola: la Banca è diventata una preda molto appetibile per molti e verrà, per questo, attaccata da gruppi finanziari più potenti, molto interessati all’appropriazione e gestione del risparmio valtellinese. Le conseguenze specifiche e concrete di questo dipenderanno da come si comporteranno i principali protagonisti: amministratori, dirigenza, personale, azionisti, opinione pubblica”.

Quali i rischi maggiori?

“Nel mondo si confrontano e si combattono due diverse visioni del fare banca. La prima ed oggi ancora dominante in molti ambienti potenti è: che per fare banca bisogna essere sempre più grandi, perché solo le dimensioni ed il livello del capitale contano; che fare banca significa principalmente fare affari per generare profitti sempre più alti anche per dirigenti ricchissimi e sempre più ricchi. La seconda visione, che è quella classica e propria dei grandi maestri di banca come Tognolo, Menichella, Mattioli, Dell’Amore, Cingano, Melazzini, è che fare banca significa esercitare il credito in modo utile allo sviluppo dell’economia e delle imprese utilizzando in modo utile e produttivo i risparmi affidati alla banca dai cittadini risparmiatori; che la forza di una banca non sono né le dimensioni né il capitale ma l’intelligenza, l’integrità, la competenza del suo personale, la conoscenza dei territori in cui opera, i buoni e rispettosi rapporti con gli operatori economici e sociali del territorio; che il profitto è certamente indispensabile ma non è l’unico né il più importante parametro per giudicare una banca. Le buone banche popolari (e tante di quelle sparite rientravano in questa categoria) appartenevano al gruppo portatore della seconda visione. Per questo davano fastidio e sono state distrutte da un provvedimento legislativo perverso mai realmente discusso in Parlamento e ostile agli interessi dell’economia italiana. Il rischio maggiore è ora che anche la Banca di Sondrio SpA venga risucchiata dal primo gruppo e faccia la triste fine delle sue maggiori consorelle che si sono consegnate senza se e senza ma”.

Ma ci sono difese possibili oppure questa deriva è inevitabile?

“Le difese ci sono ma sono molto difficili e richiedono lucidità, coraggio, molta competenza, molto amore per i propri territori e per la parte migliore della propria storia. E richiede anche conoscenza e rispetto della nostra Costituzione che riconosce e tutela il principio cooperativo mentre gli alti dirigenti attuali del nostro sistema bancario lo combattono per poi affidare la proprietà e la guida di nostre banche importanti ad un sistema eccellente come quello francese largamente basato sul sistema cooperativo. Ma prima di analizzare le difese specifiche possibili vorrei inquadrarle in alcuni commenti generali. Siamo entrati in una fase della nostra vita e dell’economia e politica mondiale densa di sfide, pericoli e difficoltà. La pandemia ancora in corso ancorché fronteggiata e quelle prossime preannunciate; le grandi problematiche climatiche e ambientali; la guerra calda tra Russia e Ucraina che, ormai, è chiaro a tutti, è al tempo stesso una guerra regionale e l’inizio di una guerra mondiale; le grandi trasformazioni che dobbiamo realizzare praticamente in tutti i settori produttivi e in primo luogo in quello energetico; la folle dimensione delle spese militari a livello mondiale; l’assenza tragica, a livello generale, di leader politici all’altezza della sfida, tutto ciò illumina e preannuncia un mondo duro, difficile, esigente, sfidante, pericoloso. Certamente, come succede sempre nella storia, al di là di queste dure sfide e gravi rischi ci sono anche possibilità positive importanti ma, per perseguirle, dobbiamo passare attraverso un durissimo travaglio. Tutto questo ci dice che nei prossimi anni non vivremo nel paese dei balocchi come tanti continuano a credere. Dovremo riunire tutte le forze produttive, tutte le migliori energie intellettuali, tutte le possibili risorse finanziarie, per fare fronte alla sfida e realizzare investimenti intelligenti in modo intelligente. In questo nuovo mondo che si profila, le banche che appartengono alla seconda delle due visioni sopra delineate, e tra queste le migliori banche territoriali, ritroveranno un ruolo, una funzione e quindi un rispetto più importanti dell’attuale, come è sempre stato nei grandi periodi della ricostruzione. Anche negli intellettuali al servizio dei vertici del sistema bancario già si colgono i primi segnali di una nuova consapevolezza. Nel nuovo mondo che si sta aprendo giorno per giorno davanti a noi avremo come non mai bisogno di: imprese serie, imprenditori innovativi e coraggiosi, banche vere, artigiani, lavoratori, insomma di tutti quelli che hanno in mano un mestiere onesto e lo vogliono esercitare in modo onesto e non dei tanti lucignolo che dominano il sistema bancario. Nel nuovo contesto, forse, anche le difese contro la deriva che ci vogliono imporre, hanno maggiori possibilità di resistere”.

Ma a chi compete il dovere di resistere?

“A tutti. Per questo un gruppetto di piccoli azionisti della Popolare di Sondrio ha impugnato di fronte ai massimi vertici del sistema giudiziario italiano (compresa la Corte costituzionale) il provvedimento legislativo sulle Popolari che hanno imputato, come ancora imputano, di incostituzionalità e di mancanza di ragionevoli motivi economici e legali rispettabili. Questi azionisti hanno perso la lunga battaglia ma non ci siamo pentiti di averla combattuta. E anche a motivo di essa che la Banca Popolare di Sondrio ha potuto uscire, con dignità e a testa alta, dal mondo delle popolari acquisendo serietà e apprezzamento in molti ambienti significativi. E’ anche grazie ad essa che il popolo valtellinese, o almeno parte dello stesso, si è reso conto del significato e dell’importanza della posta in gioco e si è sentito come non mai vicino alla sua banca. Per questo la BPS è l’unica tra le grandi banche popolari colpite dal provvedimento che esce dalla vicenda a testa alta e con un alto livello di credibilità. Anche altre banche popolari, al momento della trasformazione, hanno dichiarato che anche come SpA avrebbero osservato lo spirito, i principi e l’operatività di una banca popolare. Ma erano parole al vento, prive di ogni credibilità perché si sono consegnate al primo momento senza se e senza ma, senza non dico combattere ma neanche discutere. La Banca Popolare di Sondrio è l’unica che può fare ora la stessa affermazione con una base fondata di credibilità. E’ vero: anche da SpA si può essere banca attenta e al servizio del territorio e dello sviluppo economico sociale. Anche da SpA si può essere “banca benefit” ma è maledettamente difficile. Per questo e per questa credibilità elevata della BPS, frutto di oltre 150 anni di buona storia bancaria e dei buoni semi piantati che, dopo la trasformazione in SpA, abbiamo formato un comitato per il sostegno dell’autonomia e dell’indipendenza della Banca Popolare di Sondrio al quale partecipano anche tanti non valtellinesi, tanti non azionisti e alcuni dei più rispettati esperti bancari italiani. Come Comitato abbiamo favorito la nascita dell’Associazione dei Piccoli Azionisti che avrà lo scopo di difendere in modo associato il ruolo e gli interessi dei piccoli azionisti che sono in gran parte anche rappresentanti del mondo produttivo. Nel nuovo difficile mondo nel quale ci stiamo inoltrando mai come ora è necessario unire le forze all’insegna del motto: piccoli sì non scemi”.

E allora quali raccomandazioni si sente di rivolgere ai vari soggetti interessati di Banca Popolare di Sondrio?

Partiamo dalla dirigenza della banca:

“Serve continuità strategica ed operativa; innovazione organizzativa ed operativa per migliorare efficienza ed efficacia; grande attenzione alla formazione e alla partecipazione dei dipendenti (anche questa è nella tradizione della banca ed è uno dei suoi punti di forza ma va ulteriormente curata e rafforzata); perseguire una strategia di crescita ma mai fine a se stessa e mai solo per ragioni finanziarie; la crescita per linee esterne non può essere esclusa ma va perseguita quando esistono solide ragioni di affinità operativa e culturale”.

Passiamo ai dipendenti:

“La banca gode di un grande rispetto dalla grande maggioranza della sua clientela. Questo è un bene prezioso che poggia sui vostri comportamenti e che dovete continuare a curare e sviluppare”.

Concludiamo con gli azionisti:

“E’ importantissimo che gli azionisti e soprattutto i tanti piccoli azionisti della banca si rendano conto che l’approccio in Assemblea è uno snodo fondamentale. Si presentano al voto degli azionisti due liste di amministratori. La prima lista è espressione della continuità aziendale e della politica fin qui seguita. C’è un fattore di innovazione nella composizione della lista e questa è una cosa buona. Personalmente avrei optato per una scelta più coraggiosa in termini di innovazione ma il giudizio di tante persone responsabili ha trovato questo equilibrio ed è un equilibrio utile e rispettabile. La seconda lista è fatta da persone più che rispettabili dei quali però non ce n’è uno della Valtellina e che dai loro uffici professionali a Roma e a Bologna ben poco, immagino, sappiano delle caratteristiche e dei problemi della nostra Valle. Sarebbe uno strappo violento, inutile e dannosissimo”.

Quindi?

“I piccoli azionisti devono farsi una semplice domanda da inquadrare nelle vicissitudini tormentate del sistema bancario degli ultimi dieci anni: la nostra banca è stata gestita in modo cattivo, disonesto, privo di credibilità? Se la risposta a questa domanda è sì allora bisogna avere il coraggio di uno strappo totale come quello prospettato dalla lista no. 2. Se la risposta è no, la nostra banca è stata gestita in modo saggio e responsabile e ha sempre tenuto buon conto degli interessi del territorio, allora la risposta non può che essere per la formula: innovazione ma nella continuità. E’ quindi fondamentale, per evitare sviluppi distruttivi e per dare ai piccoli azionisti quel ruolo che devono avere e all’Associazione dei Piccoli Azionisti la rappresentatività che essa ha, che i piccoli azionisti partecipino con il loro voto alla prossima Assemblea in modo massiccio, votino la prima lista e seguano con correttezza le non facili procedure necessarie perché il voto sia valido. Questo è il primo snodo ma è essenziale. Tutto quello che si potrà fare in futuro per rafforzare l’autonomia, l’indipendenza, la funzionalità della banca e per rafforzare la presenza dei piccoli azionisti e dell’Associazione relativa, è molto e dovrà chiedere un livello di partecipazione più elevato ma non potrà realizzarsi se in questo snodo fondamentale la presenza dei piccoli azionisti non sarà forte, visibile e convinta”.

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