In piazza sono stati portati diversi temi: dal genocidio in Palestina al finanziamento alle imprese belliche, dall’edilizia scolastica al benessere psicologico. Lo slogan scelto dagli studenti di Milano per questo sciopero studentesco così recitava: “Contro il governo Meloni: stop a genocidio, repressione e riforma Valditara”.
Migliaia in corteo: studenti in strada per sicurezza, diritti e stop al riarmo
MILANO – La città si è svegliata attraversata da un lungo serpentone di studenti e studentesse: oltre un migliaio di giovani hanno invaso il centro cittadino chiedendo investimenti sulla scuola, sicurezza nelle aule e lo stop alle spese militari. La manifestazione, partita in mattinata da largo Cairoli. Il corteo è passato da via Cusani e via Broletto per poi passare da piazza Cordusio. Secondo gli organizzatori, lungo il percorso erano previste anche delle azioni e dei flash mob davanti alla sede di Assolombarda di via Pantano, in via Larga, davanti alla prefettura e alla sede di Città Metropolitana. La manifestazione si è chiusa a mezzogiorno davanti a Palazzo Marino. A scandire il ritmo della protesta, lo slogan scelto per la giornata: «Un’altra scuola, un altro mondo è possibile».
Le ragioni della piazza
Al centro della mobilitazione, la denuncia di un sistema educativo considerato inadeguato e insicuro: “Gli studenti in Pcto continuano a morire sul lavoro, le scuole continuano a collaborare con Israele e a non tutelarci sotto diversi punti di vista””, afferma Pietro Wilhelm Malmsheimer, responsabile comunicazione dell’Unione degli Studenti Lombardia. Sulla stessa linea Emma Costandachi, coordinatrice regionale: “Oggi dimostriamo che serve una svolta radicale. Il diritto allo studio non è garantito”.
Il tema della sicurezza, in particolare, è rilanciato dagli studenti del Marelli-Dudovich, alle prese con edifici scolastici in forte stato di degrado. “La palestra di via Livigno è inagibile per rischio crollo: l’acqua entra dal soffitto da mesi”, denunciano. Altri problemi emergono nella sede di via Oderzo. “Senza spazi sicuri ci tolgono pezzi di scuola”, aggiunge Chiara, studentessa del secondo anno.
Le azioni simboliche lungo il percorso
La mattinata è stata scandita da una serie di performance e gesti dimostrativi. Dopo il ritrovo alle 9 in largo Cairoli, alcuni giovani hanno esposto una grande bandiera palestinese ai piedi della statua di Vittorio Emanuele. Infatti secondo Jessica Stefanini, coordinatrice dell’UdS Milano ”E inaccettabile che il nostro Stato e il nostro governo continuino a collaborare con l’entità sionista. Chiediamo l’annullamento di ogni rapporto economico con Israele e che il nostro governo condanni il genocidio del popolo palestinese”. Subito dietro, lo striscione d’apertura recitava: «Contro la scuola dei padroni. Stop genocidio, repressione e riforma Valditara».

Si è svolto anche un blitz davanti alla sede di Assolombarda in via Pantano. “L’obiettivo è di denunciare il genocidio del popolo palestinese. Sullo striscione sono scritti i nomi di alcuni dei tantissimi bambini palestinesi uccisi da Israele, dei quali per 5 minuti ne abbiamo letto i nomi: Troppi!” — continua Riccardo Bevilacqua, responsabile della comunicazione dell’Unione degli studenti di Milano — .

“L’industria e gli imprenditori sono responsabili tanto quanto il governo dello sterminio del popolo palestinese. Non possiamo accettare che aziende ed enti continuino a collaborare con uno stato genocida”.

All’altezza di piazza Missori, i ragazzi hanno srotolato un grande telo con una lunga lista di nomi di vittime palestinesi, aggiungendo sul posto la scritta Più avanti, in via Larga, sono stati bruciati cartelloni con parole come “patriarcato” e “tabù”.
Altrettanto rilevante è stata l’azione davanti al consultorio di via Larga: qui gli studenti hanno bruciato dei cartelli. “Questi raffigurano i tabù che siamo costretti a sopportare ogni giorno”, dichiarano gli studenti.
Un altro flash mob è andato in scena all’incrocio tra via Vivaio e corso Monforte, davanti alle transenne della prefettura: studenti con un bavaglio bianco hanno simulato il silenzio imposto alle loro proteste. “Non ci metterete a tacere”, è stato urlato dal camion di testa.
“Ci siamo imbavagliati davanti alla Prefettura perché riteniamo inaccettabile la repressione messa in atto nell’ultimo periodo” — afferma Ruggero Cima, membro dell’assemblea dell’Unione degli Studenti Milano — “Non possiamo rimanere zitti quando la nostra voce viene continuamente silenziata e le nostre scuole cadono a pezzi. E’ questo il motivo per cui abbiamo chiuso l’entrata di Città Metropolitana con lo scotch da cantiere”. Poco prima adavanti a Palazzo Isimbardi, sede della Città Metropolitana, le transenne sono state avvolte nel nastro adesivo come gesto simbolico contro “un governo che ci vuole impauriti e sottomessi ai suoi programmi”, ha dichiarato una rappresentante al megafono.

Numerosi cartelli ritraevano la premier Giorgia Meloni, il ministro Matteo Salvini, il vicepresidente del Consiglio Antonio Tajani, con il volto coperto da impronte di mani insanguinate: un riferimento alla “complicità con il genocidio” denunciata dai manifestanti.

L’arrivo in piazza della Scala e l’annuncio delle prossime proteste
L’ultima tappa si è consumata a mezzogiorno in piazza della Scala, dove gli studenti hanno appeso un grande striscione con la scritta «Palestina libera dal fiume fino al mare». Al centro della piazza è comparso anche un manifesto con la scritta «No Meloni Day. Blocchiamo scuola di Valditara, università della Bernini e governo» e il richiamo alle prossime mobilitazioni: sciopero generale del 28 novembre e manifestazione nazionale a Roma il 29.

