Milano, Pavia e Varese

Rubavano auto e mezzi d'opera: nove arresti, anche a Milano

Stimato un danno a privati e aziende di oltre 700mila euro.

Rubavano auto e mezzi d'opera: nove arresti, anche a Milano
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Furti e ricettazione per un danno patrimoniale di oltre 700mila euro: 9 persone arrestate dai Carabinieri.

Nove persone arrestate, anche in provincia di Milano

Alle prime ore dell’alba di Martedì 30 novembre 2021, nella provincia di Milano, i Carabinieri della Compagnia di Rho daranno esecuzione a 7 ordinanze di custodia cautelare in carcere e 2 ordinanze di applicazione dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, emessi dal G.I.P. del Tribunale di Milano, nei confronti di 9 italiani, di cui 8 di etnia Rom, responsabili a vario titolo di estorsione nonché associazione per delinquere finalizzata alla commissione di furti aggravati e ricettazione di autovetture e mezzi d’opera ai danni di privati e di aziende operanti nelle province di Milano, Pavia e Varese.

13 furti

L’indagine, avviata dalla Sezione Operativa della Compagnia di Rho e coordinata e diretta nell’ambito del VII Dipartimento della Procura di Milano, ha avuto origine dal rinvenimento di un’autovettura provento di furto con apposte targhe clonate, avvenuto nel comune di Lainate il 4 febbraio 2020, e condotta anche mediante attività tecniche di intercettazione telefonica e video, che ha consentito di identificare i responsabili di 13 furti e di 8 episodi di ricettazione, per un danno patrimoniale che ammonta ad oltre 700.000 euro, costituito dal controvalore economico di 2 autovetture, 4 autocarri e 11 mezzi d’opera. Inoltre, i riscontri effettuati durante le attività di indagine hanno consentito il recupero e la restituzione agli aventi diritto di 16 automezzi (di cui 1 utilizzato per effettuare un’estorsione con il metodo del cd. “cavallo di ritorno”), nonché l’arresto in flagranza di 4 soggetti.

Il modus operandi

Le indagini hanno permesso di accertare che gli indagati, servendosi di una “base operativa”, sita nel campo nomadi cd. “Chiesa Rossa”, e di una “base logistica”, sita in un’area industriale di Pieve Emanuele, individuavano inizialmente gli obiettivi da colpire all’esito di mirati sopralluoghi.

Dopodiché, spesso travestiti da operai con pettorine catarifrangenti, e servendosi di numerose utenze cellulari e sim-card fittiziamente intestate a terzi ed appositamente scambiate durante i colpi per rendere più difficoltoso l’abbinamento di ogni utenza ad un solo utilizzatore, facevano uso di mezzi di trasporto a loro volta di provenienza furtiva, allo scopo di asportare dei mezzi d’opera e condurli in luoghi isolati di aree industriali della provincia ovvero lasciandoli su pubblica via dove avevano predisposto fittizi cantieri stradali, in attesa del successivo recupero.

Successivamente, la rete di ricettatori collegata al sodalizio criminale si occupava di pattuire un prezzo per i mezzi così asportati, i quali venivano quindi occultati all’interno dei rimorchi di autoarticolati, condotti da autisti compiacenti, e trasportati in diverse località dell’Est Europa.

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