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Revocati i domiciliari al capo ultras dell'Inter che picchiò ambulante: non fu odio razziale

Il legale difensore del pioltellese Andrea Beretta ha dimostrato come la violenza fosse stata scatenata da un regolamento di conti per episodi che hanno coinvolto un giovane tifoso della curva.

Revocati i domiciliari al capo ultras dell'Inter che picchiò ambulante: non fu odio razziale
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Andrea Beretta, 47enne residente a Pioltello, la scorsa settimana era stato raggiunto da una misura di custodia cautelare per aver aggredito un ambulante fuori dallo stadio San Siro.  A seguito dell'interrogatorio dello storico capo ultras della curva dell'Inter, il magistrato ha deciso di revocare i domiciliari concedendogli la misura dell'obbligo di firma presso i Carabinieri.

Capo ultras dell'Inter aveva aggredito un ambulante

Come riportano i colleghi di Prima La Martesana, i fatti risalgono allo scorso 16 febbraio 2022 quando, in occasione del match di Champions League tra Inter e Liverpool, il pioltellese si era reso protagonista di un'aggressione in concorso con altri sodali ai danni di un ambulante che vendeva foto di calciatori, gadget e souvenir all'esterno di San Siro. Stando alla denuncia della vittima, l'aggressore lo aveva colpito con un pugno e con dei calci provocandogli la frattura del perone e un lieve trauma cranico, danni fisici guaribili in 32 giorni.

L'aggravante della discriminazione territoriale

In prima istanza, Beretta era stato costretto ai domiciliari a seguito dell'aggravante presentata dal Procura che, stante anche i precedenti del pioltellese, aveva ritenuto opportuna una misura cautelare forte nei confronti del 47enne. Infatti, inizialmente, era stata avallata tale tesi anche in virtù delle testimonianze rilasciate da alcuni soggetti (tra cui la stessa vittima) che asserivano come durante il pestaggio Beretta avrebbe asserito frasi quali "Noi i partenopei qui non li vogliamo".

Fu un regolamento dei conti

A seguito dell'interrogatorio di ieri, martedì 26 luglio 2022, il giudice ha accolto in toto l'istanza dell'avvocato difensore di Beretta Mirko Perlino  che mirava a chiarire la posizione del suo assistito. In particolare, anche attraverso la testimonianza di un soggetto terzo ed estraneo alla rissa, il legale ha dimostrato come l'aggressione non sia avvenuta per odio razziale o per motivi discriminatori, ma era legata a un regolamento di conti tra il leader della curva e l'ambulante che, a detta della difesa, si era reso protagonista di episodi  di intimidazione nei confronti di un giovanissimo tifoso che bazzicava la curva.

A seguito dell’interrogatorio il Giudice ha rivalutato le esigenze cautelari essendo emerso un quadro indiziario differente rispetto a quello inizialmente prospettato. Beretta è intervenuto solo ed esclusivamente a difesa di un ragazzo “fragile” e non per motivi razziali. Solo dopo una provocazione della persona offesa, lo avrebbe colpito fratturandogli il perone. Il giudice ha pertanto accolto le osservazioni difensive e sostituito gli arresti domiciliari con l’obbligo di firma, ha spiegato l'avvocato Perlino.

In virtù delle nuove prove che hanno fatto decadere l'aggravante della discriminazione e a fronte della volontà dichiarata da Beretta di risarcire la vittima, il giudice ha sostituito la misura degli arresti domiciliari con l'obbligo di presentazione trisettimanale alla Polizia giudiziaria e il divieto di dimora a Milano con la diffida ad accedere al capoluogo senza previa autorizzazione.

 

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