Sanità pubblica in crisi: quasi 4,5 milioni di italiani rinunciano alle cure necessarie
I dati allarmanti emergono dal 7° rapporto di Fondazione Gimbe
Fondazione Gimbe ha presentato il 7° Rapporto sulla sanità pubblica e ne è emersa una crisi a livello nazionale.
Sanità pubblica in crisi
MILANO - Nel corso dell'ultimo anno, quasi 4,5 milioni di italiani hanno dovuto rinunciare alle cure mediche necessarie, a causa di difficoltà economiche o delle lunghe liste d'attesa. Allo stesso tempo, la spesa sanitaria a carico dei cittadini è cresciuta di oltre il 10%, gravando ulteriormente sui bilanci familiari. Questi dati preoccupanti emergono dal 7° Rapporto della Fondazione GIMBE, presentato a Roma, che dipinge un quadro critico della sanità italiana, tra carenza di personale, migrazioni di pazienti che dal Sud scelgono di curarsi al Nord e una spesa pubblica nettamente inferiore alla media europea.
Un sistema al limite del collasso
Secondo il rapporto, il Servizio Sanitario Nazionale è in una fase di crisi profonda, tanto che il presidente Nino Cartabellotta lo definisce vicino "al punto di non ritorno". Non esiste più equità, e i cittadini più vulnerabili, tra cui gli anziani e le persone che vivono nelle aree interne e nel Mezzogiorno, sono i più colpiti. "La vera emergenza del Paese è il Servizio Sanitario Nazionale", afferma Cartabellotta, evidenziando come il diritto costituzionale alla tutela della salute si stia sgretolando.
Un problema di finanziamenti
Alla base della crisi sanitaria vi è un problema di finanziamento. Negli ultimi 15 anni, diversi governi hanno attuato politiche di tagli alla sanità pubblica, privando il settore di oltre 37 miliardi di euro nel periodo pre-pandemico (2010-2019). Nonostante l’aumento del Fondo Sanitario Nazionale durante la pandemia da COVID-19, questi fondi sono stati assorbiti dai costi legati all'emergenza sanitaria, senza portare a un reale rafforzamento strutturale del sistema. Anche per il 2023 e il 2024, i fondi aggiuntivi sono stati destinati a coprire costi energetici e rinnovi contrattuali del personale, lasciando poche risorse per migliorare l'offerta sanitaria.
Le previsioni per il futuro non sono incoraggianti: il rapporto spesa sanitaria/PIL è destinato a diminuire ulteriormente, passando dal 6,3% del 2024 al 6,2% nel 2027, segnando un continuo declino degli investimenti pubblici nella sanità.
Aumentano le spese private e chi non può rinuncia alle cure
Parallelamente alla riduzione dei finanziamenti pubblici, è cresciuto il numero di prestazioni sanitarie che i cittadini devono pagare di tasca propria. Nel 2023, questo tipo di spesa sanitaria ha raggiunto i 40,6 miliardi di euro, aumentando di 3,8 miliardi rispetto all'anno precedente. Questo fenomeno mette a dura prova i bilanci delle famiglie, soprattutto di quelle meno abbienti. Tra i motivi principali della rinuncia, oltre ai costi, vi sono i lunghi tempi di attesa e la difficoltà di accesso a strutture sanitarie vicine.
Le diseguaglianze territoriali, in particolare, aggravano ulteriormente la situazione, spingendo molti cittadini del Sud a cercare cure migliori al Nord, evidenziando la frattura interna del sistema sanitario italiano.
Borghetti: "dati allarmanti in Lombardia"
“I dati del rapporto GIMBE sono davvero allarmanti per la Lombardia, Fontana e Bertolaso non possono fare finta di nulla. Ormai sette lombardi su cento rinunciano alle cure e anche nella nostra ricca regione il dato è in crescita rispetto all’anno precedente, a certificare una volta di più il problema delle lunghe liste d’attesa. In Lombardia mancano 1237 medici di medicina generale e 244 pediatri di libera scelta. Quattro su dieci posti vacanti di medici di base sono nella nostra regione, sei su dieci se parliamo di pediatri. Sette medici su dieci hanno più dei 1500 pazienti che dovrebbero avere. E delle case di comunità attivate, la stragrande maggioranza sono ancora scatole vuote, pressoché inutilizzabili dai cittadini. Sono dati impietosi che raffigurano plasticamente lo stato drammatico della medicina territoriale in Lombardia. Ma la carenza di personale riguarda tutto il servizio sanitario lombardo, che è l’unico, tra le Regioni che non sono in piano di rientro, ad avere numeri al di sotto della media nazionale. Questi sono i risultati di anni di impoverimento della sanità pubblica da parte della destra che governa la Regione, quelli in cui la sanità lombarda ha perso il primato scivolando dalla prima alla quinta posizione per la garanzia dei livelli essenziali di assistenza ai cittadini. È proprio quanto noi vogliamo cambiare con la nostra legge di iniziativa popolare che nelle prossime settimane approderà in commissione per essere discussa.”
Lo dichiara Carlo Borghetti, capodelegazione del Pd in commissione sanità del Consiglio regionale della Lombardia a commento del rapporto Gimbe.