Nella Giornata mondiale dell’acqua Legambiente chiede a Regione Lombardia di lavorare per un’economia Pfas-Free entro il 2030
Questi additivi sono impiegati per la fabbricazione di molti oggetti di uso comune e perfino di packaging impiegati a contatto con gli alimenti
Sul preoccupante inquinamento da Pfas nelle acque Legambiente chiede che i dati su questi inquinanti siano il più possibile accessibili e che Regione Lombardia lavori per metterli al bando almeno entro il 2030.
Sull'inquinamento da Pfas Legambiente chiede l'intervento della Lombardia
MILANO - Nella ricorrenza della Giornata mondiale dell’acqua, Legambiente torna sull’argomento della contaminazione da inquinanti di sintesi, ed in particolare dalle sostanze perfluorurate, gli ormai famigerati PFAS.
Il vicepresidente di Legambiente Lombardia
“Sappiamo che questi inquinanti sono ubiquitari, e quindi più che di rischio stiamo parlando ormai di una convivenza con queste sostanze, rispetto alle quali deve essere sostenuto l’impegno dei gestori idrici per ridurre la contaminazione,” dichiara Lorenzo Baio, vicepresidente di Legambiente Lombardia.
“Come cittadini chiediamo che i dati sull’inquinamento da PFAS siano il più possibile accessibili e diffusi, non solo per le acque erogate nelle reti idriche, dove sappiamo che il monitoraggio è costante, ma anche sulle acque in bottiglia, su cui finora non siamo riusciti a trovare alcun dato”. Le preoccupazioni, spiega Legambiente "si basano sui dati raccolti da enti come Arpa Lombardia e Irsa/Cnr, che documentano la contaminazione diffusa delle acque, superficiali e sotterranee, anche in prossimità di siti di captazione di acque minerali".
Questi inquinanti si annidano anche in molti oggetti che usiamo
"Come noto - afferma l'associazione - la contaminazione da queste sostanze non dipende solo dalla presenza di stabilimenti che le producono, come nei casi dell’inquinamento in Veneto e di quello legato alla Solvay di Spinetta Marengo (AL). Questi additivi sono impiegati per la fabbricazione di molti oggetti di uso comune, e perfino di packaging impiegati a contatto con gli alimenti.
In Lombardia, in particolare, grandi impieghi di PFAS hanno a che fare con le lavorazioni nell’industria tessile e in quella del legno-arredo, particolarmente concentrate tra Brianza e Varesotto".
"Purtroppo - prosegue Legambiente - la normativa in materia è ancora in evoluzione e quindi, in attesa del recepimento dei limiti stabiliti in sede europea, oggi l’impiego di PFAS è consentito senza che vigano strumenti efficaci di limitazione. Si tratta dunque di colmare un vuoto normativo, sviluppando strategie che permettano di tutelare la salute delle persone e degli ecosistemi, ma anche di evitare che ampi segmenti del settore manifatturiero si facciano trovare impreparati dall’imminente entrata in vigore di limitazioni europee e nazionali".
Le richieste a Regione Lombardia
“Chiediamo alla nostra Regione, dove hanno sede distretti produttivi tra i più importanti d’Italia tra quelli che utilizzano PFAS, di rendersi protagonista di politiche e innovazioni che scommettano su un’economia PFAS-Free entro il 2030,” afferma Baio. “Chiediamo che anche la Lombardia, come ha già fatto il Consiglio Regionale del Veneto, decida di sostenere la messa al bando per la produzione e l’uso di PFAS e che nel frattempo attivi un piano d’azione, da redigere insieme alle organizzazioni imprenditoriali, con misure volte a incentivare l’eliminazione o la sostituzione degli additivi a base di sostanze perfluoroalchiliche nei processi produttivi”.