la mobilitazione

La città in cammino: voci, luci e proteste per dire basta alla violenza sulle donne

Dalla lettura dei nomi delle vittime alle azioni simboliche nei cantieri e nelle strade: la mobilitazione milanese chiede politiche efficaci e sostegno stabile ai centri

La città in cammino: voci, luci e proteste per dire basta alla violenza sulle donne

Una lunga scia di luci e voci ha attraversato Milano nella serata dedicata alla Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Le organizzatrici del movimento Non Una di Meno hanno parlato di oltre 10mila partecipanti. Un corteo imponente che ha scelto di sfilare al calare della sera, a dimostrazione del fatto che le donne sono stanche di avere paura di uscire quando fuori è buio.

Voci, luci e proteste per dire basta alla violenza sulle donne

MILANO – La marcia è partita alle 18.30 da piazza Oberdan, snodandosi per 4,1 chilometri lungo viale Majno, viale Bianca Maria, piazza Cinque Giornate, via Regina Margherita, porta Romana, corso Lodi e fino a piazzale Lodi. La partecipazione ha causato inevitabili rallentamenti in diverse arterie cittadine nell’ora di punta.

Ad accompagnare i primi passi, le note di “La voglia, la pazzia” di Ornella Vanoni, a cui le attiviste hanno rivolto un saluto affettuoso nel giorno successivo ai funerali dell’artista. Prima della partenza sono stati letti i nomi delle donne vittime di femminicidio e delle persone uccise in casi di transicidio nell’ultimo anno.

“La violenza è strutturale”

Durante il percorso hanno preso parola alcune organizzatrici, che hanno denunciato come la violenza di genere attraversi anche istituzioni e tribunali. Una di loro ha osservato che l’introduzione del concetto di consenso nel reato di violenza sessuale richiederebbe un lavoro culturale più profondo: per le attiviste il consenso va imparato a scuola, non nei tribunali, e criticano il fatto che i percorsi di educazione affettiva vengano ostacolati.

Si è anche ricordato al governo Meloni che la previsione normativa del femminicidio non basta a fermare il fenomeno: la radice è culturale e il carcere da solo non previene né cambia nulla. Intervenire quando la violenza è già esplosa è troppo tardi: serve educazione al rispetto e al consenso fin dall’infanzia.

Striscioni, proteste e occupazioni simboliche

Lungo viale Isonzo, sulle impalcature dello Scalo di Porta Romana, sono comparsi manifesti con la scritta: “Casa per tutt*, violenza per nessun*. Per una città transfem”. Poco più avanti, le Olimpiadi si sono trasformate nelle “Occupiadi”: per alcuni minuti un gruppo di manifestanti ha fatto un’irruzione simbolica nel cantiere del futuro Villaggio olimpico, contestando i progetti urbanistici e i costi sociali della trasformazione dell’area.

In corso Lodi, un’azione di protesta ha preso di mira il McDonald’s: sulle vetrine sono apparse scritte legate sia al conflitto in Medio Oriente sia alla critica del patriarcato.

Il flashmob per i centri antiviolenza

In via Piacenza si è svolto un momento dedicato ai centri antiviolenza Cadmi e Cerchi d’acqua. Migliaia di torce dei cellulari si sono accese per sottolineare la centralità di queste realtà, definite “non semplici servizi, ma luoghi politici”.

Un’operatrice ha denunciato l’inadeguatezza delle normative che ostacolano l’educazione affettiva nelle scuole, mentre le rappresentanti di Cerchi d’acqua hanno ricordato la precarietà dei finanziamenti.