immigrazione clandestina

Smantellata organizzazione di scafisti egiziani a Milano: prendevano 6mila euro per ogni migrante dalla Libia

La cellula milanese dell'organizzazione gestiva rotte clandestine dal nord Africa verso l'Europa

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In manette dieci egiziani sospettati di fare parte di un'organizzazione criminale che agiva in Egitto, Libia e altri Paesi europei.

Arrestati a Milano dieci scafisti egiziani

MILANO - Associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ed esercizio abusivo dell’attività creditizia. Questa l'accusa per dieci egiziani arrestati questa mattina dalla Polizia di Stato su ordine della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Milano.

Il video

Organizzavano traversate via mare dalla Libia

Gli arrestati sono stati rintracciati nel milanese e nelle provincie di Firenze, Asti, La Spezia e Pavia e farebbero parte di un più ampio network internazionale. Gli egiziani sarebbero responsabili di almeno 8 traversate di migranti connazionali, via mare con imbarcazioni partite dalla Libia: una approdata a Lampedusa, una a Civitavecchia e 5 sulle coste greche; un ulteriore viaggio, con destinazione le coste italiane, si è concluso con una attività di soccorso, dopo che l’imbarcazione è diventata ingovernabile ed è finita alla deriva.

In Grecia, poi, gli arrestati hanno organizzato alcuni trasferimenti di migranti irregolari attraverso la rotta balcanica. Il traffico di ogni singolo migrante diretto verso l’Italia ha portato all’organizzazione un introito tra i 4000 e i 6000 euro, spesso versati da parenti o amici. La rotta attraverso la Grecia ha comportato per i migranti, invece, il pagamento di una cifra compresa tra i 3000 e i 5000 euro.

Indagini partite l'estate scorsa

Le indagini, avviate a luglio dello scorso anno, hanno evidenziato la presenza della cellula milanese dell'organizzazione, con ramificazioni in Egitto, Libia e altri Paesi europei. Gli investigatori hanno delineato il ruolo di diversi soggetti che, vantando specifica esperienza e collegamenti internazionali, hanno dato vita a una consolidata rete di contatti tra referenti operanti in Nord Africa e in Europa.

Le safe house in Libia

È stata documentata, infatti, l’operatività di persone che gestivano le cosiddette safe house presenti in Libia, il reperimento di beni necessari alla gestione dei migranti durante i mesi di permanenza in territorio libico (cibo, acqua, telefoni, satellitari, schede telefoniche), la raccolta del denaro per il pagamento delle varie tratte e l'individuazione delle imbarcazioni utilizzate per attraversare il Mediterraneo.

L'organizzazione criminale

Il gruppo ha seguito un preciso schema operativo: i migranti, dopo aver concordato dall’Egitto la partenza, hanno versato gli importi ai facilitatori presenti a Milano; successivamente sono stati spostati in Libia attraverso il confine egiziano da altri complici; giunti in territorio libico, i migranti sono stati raccolti dai facilitatori libici e collocati nelle safe house dislocate in varie località in attesa di partire. Durante tale attesa, che è spesso durata anche diversi mesi, talvolta anche in condizioni degradanti, alcuni migranti sono stati anche costretti a improvvisi trasferimenti, per sottrarsi ai crescenti controlli delle autorità libiche.

Dopo aver raggiunto l’Europa su imbarcazioni non sempre in grado di sostenere la traversata, gli indagati si sono talvolta adoperati per far ottenere ai migranti irregolari permessi di soggiorno o per garantire il trasferimento da Milano ad altre città. Per quanto riguarda, invece, i facilitatori presenti in Nord Africa, soprattutto Egitto e Libia, è stato accertato che hanno agito come vere e proprie agenzie di viaggio, procacciando i migranti, concordando il prezzo e organizzando il trasferimento fino alla destinazione finale in Europa.

Per il pagamento della somma pattuita è stato utilizzato il metodo hawala, sistema di trasferimento di denaro informale in cui privati si accordano con altri privati e in cui il sovrapprezzo alla transazione, cioè la provvista che viene trattenuta dagli hawaladar, è in genere più alto di quello richiesto dalle società che legalmente si occupano di tali attività di trasferimento di denaro contante.

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